La concorrenza fiscale in Svizzera: un bene o un male?

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Servizio comunicazione istituzionale

22 Giugno 2017

Prof. Mario Jametti, Facoltà di scienze economiche

La Svizzera può essere considerata il contesto ideale per i più svariati studi: un paese piccolo a struttura confederale, plurilingue, con una forte varietà di situazioni e contesti istituzionali in un insieme sostanzialmente omogeneo. Conseguentemente la Svizzera si rivela una sorta di “laboratorio naturale” per indagini che si concentrino sul federalismo fiscale, la decentralizzazione e le finanze pubbliche. Un progetto “Sinergia” del Fondo Nazionale Svizzero (FNS), che ha creato un network di ricerca tra le università della Svizzera italiana, di Losanna, Basilea e San Gallo aperto anche a partners stranieri (www.fiscalfederalism.ch), ha pressoché ultimato la seconda fase di un interessante studio che, attraverso la costruzione di una banca dati sulle finanze pubbliche dell’intera confederazione sotto il duplice aspetto delle imposte e delle spese, ha radicalmente migliorato la qualità dei dati disponibili.

Come noto, in Svizzera le tasse municipali dipendono dal “moltiplicatore” adottato dal comune di residenza, uno strumento che varia da una municipalità all’altra rendendo più appetibili, soprattutto per redditi molto alti, comuni che adottano un moltiplicatore più basso; allo stesso mondo i contesti istituzionali variano tra un cantone e l’altro o anche all’interno dello stesso cantone, perché gli strumenti di partecipazione politica propri di ciascuna municipalità, attraverso i quali i cittadini possono far sentire la loro voce, sono diversi.

Combinando aliquote fiscali e modalità di partecipazione politica, il progetto “Does tax competition tame the Leviathan” (M. Brülhart e M. Jametti), uno dei numerosi sotto-progetti del network di ricerca, ha analizzato l’effetto economico della concorrenza fiscale per rispondere alla domanda se la stessa sia un bene o un male per la società. Benché sia molto difficile stabilire se la concorrenza fiscale sia un fatto positivo, perché riduce l’avidità dei governi, o negativo, perché priva i governi di entrate che sono costretti a recuperare spostando il peso fiscale su contribuenti meno “mobili”, lo studio dimostra che la tendenza dei governi locali ad aumentare le tasse trova un limite nell’alternativa fiscale offerta dai vicini, con ciò confermando la possibilità che la concorrenza fiscale abbia effetti positivi quando aiuta a contenere l’appetito del Leviatano.

Spostando i risultati della ricerca da una dimensione nazionale ad una internazionale, lo studio costituisce un avanzamento nella valutazione degli effetti conseguenti a un’armonizzazione delle imposte – laddove si consideri che la concorrenza fiscale arrechi vantaggi solo ai contribuenti che sono economicamente in grado di muoversi inseguendo la tassazione più favorevole – o al permanere della concorrenza fiscale che spinge i governi a offrire servizi migliori e a ridurre le tasse per finanziare tali servizi e trattenere i contribuenti.

 

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