IRB, venti anni di progressi per la scienza e il Ticino

Immagine simulata del nuovo campus IRB-IOR-NSI a Bellinzona
Immagine simulata del nuovo campus IRB-IOR-NSI a Bellinzona
Il Dr. Giorgio Noseda viene nominato Presidente onorario della Fondazione IRB
Il Dr. Giorgio Noseda viene nominato Presidente onorario della Fondazione IRB
L'attuale sede dell'IRB in via Vela a Bellinzona
L'attuale sede dell'IRB in via Vela a Bellinzona
Un'immagine delle celebrazioni
Un'immagine delle celebrazioni

Servizio comunicazione istituzionale

22 Giugno 2017

Che cosa hanno in comune Ray Charles e la biomedicina? La risposta affonda le sue radici nel giugno del 1997, quando alcune personalità della medicina, dell’economia e della politica si riunirono per dare vita a un’idea che avrebbe contribuito a cambiare il volto di questo Cantone. È l’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB), il cui insediamento a Bellinzona si deve proprio ad un concerto del grande cantante afroamericano, nel corso del quale il Dr. Giorgio Noseda – padre ispiratore, motore e primo presidente della Fondazione dell’IRB – ottenne dall’allora sindaco della capitale Paolo Agustoni l’appoggio della Città e la disponibilità dell’attuale sede in via Vela. Note che evidentemente suonarono di buon auspicio: la crescita dell’Istituto è stata infatti in questi anni solida e costante, gettando i presupposti sia per i progressi di un settore sempre più importante per la vita dell’uomo, sia per lo sviluppo sociale ed economico della Svizzera italiana.

Nomi come Science e Nature richiamano nell’immaginario collettivo l’olimpo della produzione scientifica, l’apice della qualità nella ricerca. Eppure queste sono solo due delle blasonate riviste di settore sulle quali i ricercatori dell’IRB hanno pubblicato gli oltre 500 articoli scientifici prodotti in questi anni. Allo stesso modo Ebola, Malaria, Dengue, Alzheimer, Zika e Aviaria sono solo alcune delle malattie sulle quali si è concentrato il lavoro dell’IRB, permettendo di fare passi avanti importanti nello studio del sistema immunitario umano e delle patologie correlate.

Per dare un’idea della rilevanza di questi studi è utile menzionare un indicatore diffuso nel mondo della ricerca, che misura l’impatto sortito dalle pubblicazioni all’interno delle diverse comunità scientifiche di riferimento: se la media mondiale nel settore biomedico è 1, la media dei ricercatori dell’IRB è pari a 3. Un risultato del tutto eccezionale. Gli approcci tecnologici che prevedono l’utilizzo di anticorpi monoclonali umani – una tecnologia sviluppata in primis dal prof. Antonio Lanzavecchia – destano infatti grande interesse in quanto hanno potenzialmente le capacità di affrontare le principali esigenze cliniche ancora insoddisfatte, continuando nella lotta alle malattie infettive e del sistema immunitario.

Una valenza ben colta e finanziata da diverse agenzie pubbliche di sostegno alla ricerca competitiva, sia a livello svizzero con il Fondo Nazionale (oltre 25 milioni di franchi dal 2000 ad oggi), sia a livello europeo attraverso i fondi ERC (i programmi più prestigiosi, simbolo dell’eccellenza scientifica), che per ben quattro volte sono stati assegnati a ricercatori dell’IRB: due volte al suo stesso direttore Antonio Lanzavecchia, una volta a Federica Sallusto e una a Peter Cejka, per un totale di oltre 8,3 milioni di euro.

 

Impatto scientifico ma non solo

Oltre all’impatto scientifico, esiste anche una valenza sociale ed economica della presenza dell’IRB in Ticino. Ecco alcuni numeri che permettono di fotografarne da un lato la crescita e dall’altro le giuste proporzioni. Il primo esercizio economico dell’Istituto si concluse con un consultivo di poco meno di quattro milioni di franchi: ora all’anno i milioni sono più di 20. Quando le attività presero ufficialmente il via, nel 2000, i collaboratori erano circa una ventina: ora in via Vela e nelle altre sedi sorte in Città lavorano 115 persone altamente specializzate e si stima che gli impieghi complessivi nel settore biomedicale e biotech (tra l’IRB, gli altri istituti e lo spin-off Humabs) siano a Bellinzona ormai oltre 280. Oltre a questo, numeri alla mano, l’investimento economico sia della Città (9,5 milioni dal 2000) che del Governo cantonale (29 milioni) risulta essere ben riposto: secondo uno studio del DECS svolto per calcolare l’impatto economico e sociale del polo universitario nel suo insieme, per ogni franco proveniente dal settore pubblico e destinato alla formazione e alla ricerca, si genera un indotto economico virtuoso di altri 2,8 franchi, i quali «girano» in molteplici modi sotto forma di stipendi, mandati e tasse all’interno dell’economia della regione. Una dinamica interessante anche perché intrecciata al sempre forte sostegno all’Istituto dato da fondazioni private, le quali – in una sorta di partenariato pubblico-privato – hanno in questi anni finanziato progetti di ricerca per quasi 50 milioni di franchi. Oltre alla reputazione internazionale di un luogo di scienza e innovazione, l’IRB ha dato un’occasione di sviluppo importante in un settore che – anche grazie alla creazione della Facoltà di scienze biomediche dell’USI – ha il potenziale di difendere e sostenere l’attrattività economica e la competitività del Cantone. 

 

Il Cantone sulla mappa della ricerca di punta

Grazie alla fitta rete di collaborazioni intessuta dall’IRB in questi primi vent’anni, il nome di Bellinzona e quello del Ticino sono entrati come snodo importante sulla mappa della ricerca di punta; una rete di prim’ordine che parte innanzitutto dal Politecnico federale di Zurigo, per passare poi da quello di Losanna e dalle università di Zurigo, Berna, Friburgo, Ginevra e Basilea. La posizione di ponte tra il nord e il sud delle Alpi ha poi favorito numerose collaborazioni con le università di Pavia e di Genova, con istituti di ricerca e ospedali come l’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare di Milano e l’Istituto San Raffaele. Svizzera, Italia ma non solo: a testimoniare quanto la ricerca svolta all’IRB sia considerata di primo piano, basta citare le consolidate collaborazioni con numerose istituzioni europee e del Nord America, come il National Institute of Health, lo U.S. Army Medical Research Institute, la Harvard Medical School e con tre università brasiliane a Rio de Janeiro, San Paolo e Minas Gerais. Poter godere di una rete di questo spessore è fondamentale, in quanto permette – tra le altre cose – anche la raccolta di campioni biologici umani di malattie immunologiche rare, «ingredienti» primari per ogni programma di ricerca svolto in questo campo.

 

Lo sguardo in avanti

Venerdì 23 giugno, nell’ambito di una cerimonia rivolta agli attori principali di questi 20 anni di ricerca, si terrà una tavola rotonda, introdotta dal presidente della Fondazione dell’IRB e del Fondo nazionale Gabriele Gendotti e dal consigliere di Stato Christian Vitta, intitolata «Quale futuro per gli istituti di ricerca nel panorama accademico svizzero?», alla quale prenderanno parte il segretario di Stato per la Formazione, la Ricerca e l’Innovazione Mauro Dell’Ambrogio, il presidente delle Accademie Svizzere delle Scienze Maurice Campagna, il rettore dell’Università della Svizzera italiana Boas Erez e il direttore dell’IRB Antonio Lanzavecchia. Lo sguardo dell’IRB è infatti più che mai volto in avanti, da un lato agli sviluppi della Facoltà di scienze biomediche dell’USI – della quale l’Istituto è parte ormai consolidata e attiva – dall’altro al nuovo importante campus a Bellinzona, i cui lavori di edificazione inizieranno nell’autunno di quest’anno.

 

(La versione orginale di questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano 'Corriere del Ticino' il 22 giugno 2017, pp. 2-3)

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