Come gestire lo stress del lavoro accademico in modo sostenibile

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Servizio comunicazione istituzionale

4 Maggio 2020

Il 23 e 24 aprile si è svolto il webinar intitolato “Stress resilience and well-being in academia”, rivolto al corpo accademico intermedio dell’USI. L'incontro, che ha coinvolto 25 partecipanti tra dottorandi e post-doc di tutte le Facoltà, è stato organizzato dal Servizio pari opportunità. A condurre la formazione la dottoressa Desiree Dickerson, psicologa clinica con esperienza di ricerca post-dottorale in neuroscienze e specializzata in salute mentale e benessere dei lavoratori accademici. Perché questa specializzazione? Quali sono le problematiche specifiche che possono interessare la salute mentale e il benessere psicofisico di ricercatori e professori?

Spaziando tra i vari ambiti disciplinari, la carriera accademica è un percorso stimolante, ricco di soddisfazioni e capace di produrre un impatto positivo sulla società. Allo stesso tempo, però, è un settore altamente competitivo, che richiede mobilità internazionale e grande dispendio di tempo ed energie, spesso sottratte alla vita sociale e familiare. Questi aspetti rendono i giovani accademici più inclini allo stress, a sentimenti di ansia e di inadeguatezza che deteriorano il loro benessere individuale e, a lungo andare, possono danneggiare la qualità del loro lavoro. Queste difficoltà possono essere acuite dal periodo di pandemia che stiamo vivendo, durante il quale, alle “normali” fonti di stress lavorativo, si sommano le preoccupazioni per la salute propria e dei familiari, come anche l’incertezza sul futuro.

Come gestire lo stress associato al lavoro accademico in modo sostenibile? Secondo Dickerson occorre partire dalle basi, imparando a riconoscere e a decostruire i “modelli mentali” (mindset) che tutti noi usiamo nel relazionarci con noi stessi e con la realtà. Quando siamo confrontati con una fonte di stress (per esempio un colloquio con il proprio supervisor), i pensieri che sviluppiamo in risposta non sono sempre oggettivi e razionali, come crediamo, bensì filtrati attraverso presupposti soggettivi e, spesso, fortemente autocritici (per esempio, la convinzione di non essere all’altezza). Ciò influenza le nostre sensazioni anche fisiche (quali tensione muscolare o mal di stomaco) e i comportamenti che mettiamo in atto (rinunciare a fare domande al supervisor per non “rivelare” la propria inadeguatezza). Riconoscere tali meccanismi negativi è il primo passo per arrivare a rielaborarli (reframe) e superarli. Come? Rivolgendo a noi stessi lo stesso tipo di pensieri e interpretazioni che rivolgeremmo ad un amico nella medesima situazione. Con l’esercizio, queste buone pratiche diventano automatiche, un po’ come quando si impara una nuova lingua.

Dickerson suggerisce inoltre sette azioni concrete da attuare per mantenere un buon equilibrio psicofisico durante il periodo di pandemia. 1) Porsi obiettivi realistici, accettando eventuali cali di produttività dovuti a difficoltà di concentrazione e stress. (2) Avere cura della propria salute, facendo esercizio, curando l’alimentazione e il sonno. (3) Riconoscere i propri segnali di stress e tenerli sotto controllo, ad esempio con alcuni semplici esercizi di respirazione lenta. (4) Anche se si lavora da casa, mantenere una separazione tra gli spazi e i tempi del lavoro e quelli del riposo. (5) Usare la tecnologia per restare in contatto con familiari, amici e colleghi. (6) Essere comprensivi con sé stessi e con gli altri, in considerazione delle maggiori difficoltà che si vivono in questo periodo.

 

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