Ricerca biomedica senza frontiere

La sede storica dell'IRB in via Vela a Bellinzona
La sede storica dell'IRB in via Vela a Bellinzona

Servizio comunicazione istituzionale

22 Aprile 2021

In vista dell’inaugurazione, in autunno 2021, del nuovo stabile che accoglierà il Centro di ricerca biomedica della Svizzera italiana a Bellinzona, la rivista Ticino Management propone una serie speciale di approfondimenti per illustrare le attività dei due istituti suoi capofila, IRB e IOR, capaci in poco più di 20 anni con la loro qualità di emergere a livello internazionale. Anche grazie a collaboratori che provengono da tutto il mondo.

[Per gentile concessione di Ticino Management, numero di aprile 2021]

Che la ricerca scientifica sia il motore di progresso e sviluppo, tanto economico quanto sociale è una consapevolezza ormai consolidata in un’epoca in cui l’innovazione si fa un imperativo, sostenuto con decine di miliardi di investimenti da parte di governi e aziende. Sempre più quelli destinati all’ambito della biomedicina, un campo di ricerca ampio quanto ibrido, trainato oggi da Pharma e BioTech. Non occorreva dunque la corsa al vaccino scatenata dalla pandemia a ricordarne l’imprescindibilità. Di sé ha fatto parlare anche l’IRB, l’Istituto di ricerca in biomedicina di Bellinzona, affiliato all’USI, che ha sviluppato un anticorpo bispecifico di nuova generazione che apre promettenti prospettive terapeutiche sia nella prevenzione che nella cura dei pazienti già infetti. Un obiettivo raggiunto in pochi mesi, nonostante le risorse certamente non paragonabili a quelle messe in campo dai colossi farmaceutici. Una riprova del valore raggiunto da un istituto di ricerca che in poco più di vent’anni ha saputo affermarsi per la qualità e i risultati delle sue attività nel settore dell’immunologia e della biologia cellulare, con particolare attenzione ai meccanismi di difesa dell’ospite contro gli agenti infettivi e a quelli alla base delle malattie infiammatorie e degenerative, approfondendo in seguito anche i settori della riparazione del Dna e del controllo di qualità nella produzione di proteine. A confermarne la validità anche gli oltre 700 articoli pubblicati sulle più quotate riviste specializzate, nonché la capacità di coprire interamente i costi della ricerca - 8,3 milioni nel 2019 - con finanziamenti competitivi.

Il 2021 segna un anno fondamentale per l’IRB che, dopo il primo avvicendamento ai vertici che lo scorso agosto ha visto il Prof. Davide Robbiani, di ritorno da una brillante carriera accademica e di ricercatore negli Stati Uniti presso la Rockefeller University a New York, subentrare al Prof. Lanzavecchia, il prossimo autunno inaugurerà la sua nuova, avveniristica sede: un investimento da 60 milioni di franchi per dotarsi di laboratori equipaggiati allo stato dell’arte, che va a beneficio dell’intero settore delle Scienze della vita ticinese, e dunque del territorio, in quanto sancisce la nascita di un polo di competenza che sotto lo stesso tetto ospiterà anche altri centri di eccellenza ora dislocati sul territorio, per quanto già oggi in gran parte concentrati nel Bellinzonese. In primis, l’Istituto oncologico di ricerca (IOR), anch’esso affiliato all’USI, con il quale si punta a rafforzare le sinergie.

Nella serie di contributi di approfondimento di Ticino Management si presenteranno le attività dei due istituti faro della ricerca ‘made in Ticino’, con un’attenzione particolare alle aree trasversali e per far comprendere quale ne sia la ricaduta, in termini di contributo alla comunità scientifica ma anche di indotto economico per il cantone in stipendi, tasse, mandati, finanziamenti di progetti che intercettano tanto i bandi pubblici quanto il supporto di fondazioni private. Una prima, evidente dimostrazione viene dall’internazionalità della rete in cui si inserisce l’operato di IRB e IOR, con prestigiose collaborazioni con istituzioni europee, nord e sudamericane, oltre che con i politecnici e gli atenei di casa. Internazionalità che è anche la cifra dei ricercatori che ne animano i laboratori, così come degli studenti che arrivano qui da tutto il mondo per svolgere il programma di dottorato. Proprio questa pluralità è fondamentale per stimolare la vivacità intellettuale, il confronto fra prospettive, il pensiero critico e la capacità di affrontare i problemi coniugando approcci diversificati. Competitività e qualità non possono che beneficiarne. In media, il 72% dei collaboratori dei due istituti proviene dall’estero, da ogni latitudine: 86 sui 129 dell’IRB e 54 sui 66 dello IOR. In questo primo contributo si è voluto partire dando voce a quattro giovani che hanno scelto uno dei due istituti bellinzonesi come tappa fondamentale per avviare la loro carriera di ricercatori: oltre a un ticinese che dopo aver studiato al Politecnico di Zurigo, malgrado avesse ottime prospettive all’ETH, è voluto tornare nella sua Bellinzona, uno statunitense e due dottorande dai Paesi asiatici, che non a caso sono quelli in cui negli ultimi anni più si stanno incrementando gli investimenti in ricerca scientifica, di base in particolare, e in sviluppo tecnologico: una media del 7% all’anno per la Cina contro il 3% degli Stati Uniti, che in capo al 2024 dovrebbe farne il leader assoluto per spesa in R&D. Di qui l’interesse a crescere una nuova generazione di ricercatori formata nei migliori istituti del mondo.

 

Per continuare a leggere: 
https://en.calameo.com/read/004279913b7c7017b061a (pp. 56-59)

 

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