Archizoom Associati 1966-1974. Dall'onda pop alla superficie neutra

Archizoom Associati 1966-1974. Dall'onda pop alla superficie neutra
Archizoom Associati 1966-1974. Dall'onda pop alla superficie neutra
Archizoom Associati 1966-1974. Dall'onda pop alla superficie neutra
Archizoom Associati 1966-1974. Dall'onda pop alla superficie neutra
Archizoom Associati 1966-1974. Dall'onda pop alla superficie neutra
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Archizoom Associati 1966-1974. Dall'onda pop alla superficie neutra
Archizoom Associati 1966-1974. Dall'onda pop alla superficie neutra

Accademia di architettura

Data d'inizio: 6 Maggio 2010

Data di fine: 5 Giugno 2010

Giovedì 6 maggio 2010 è in programma l’ultimo appuntamento del ciclo di eventi pubblici previsti per la primavera all’Accademia di architettura di Mendrisio (Università della Svizzera italiana). L’occasione è fornita dall’inaugurazione della mostra Archizoom Associati 1966-1974. Dall’onda pop alla superficie neutra, a cura del professore di storia dell’architettura Roberto Gargiani e promossa dall’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne in collaborazione con il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma.

 

Introduzione

L’esposizione è la prima occasione per stilare un bilancio completo di una delle esperienze cruciali delle neo-avanguardie degli anni Sessanta e Settanta: quella del gruppo degli Archizoom che ha prodotto una ricca serie di progetti di design, di architettura e visioni urbane a scala territoriale, fonte d’ispirazione fondamentale per architetti quali Isozaki, Koolhaas, Tschumi.

Autori di progetti di megastrutture e città visionarie, eseguiti durante i loro studi universitari a Firenze, gli Archizoom sono dapprima diventati, nel 1966, con Superstudio, gli inventori della Superarchitettura e i promotori di processi creativi Pop nel progetto di design. Oggetto emblematico di questa fase, e, più in generale, della storia del design italiano del XX secolo, è il divano Superonda.
Una prima significativa evoluzione si profila nel 1967-1968, quando gli Archizoom iniziano a progettare opere concepite come espressioni di una rivolta culturale che ha come idoli Marx, Malcolm X, Che Guevara e, più in generale, ogni impulso capace di produrre una rivoluzione contro la società del capitalismo – per loro è soprattutto la cultura dell’Islam che inizia a giocare un ruolo cruciale in questa prospettiva.
I Dream Beds, il divano Safari e i Gazebi sono alcune delle opere attraverso le quali la Superarchitettura si trasforma in un sistema capace di produrre forme di eclettismo e di kitsch, e di procedere verso una distruzione critica di alcuni fondamenti del Movimento Moderno, conducendo gli Archizoom alla scoperta dei concetti di vuoto e di neutro che caratterizzeranno i loro ultimi progetti.

Punto di arrivo delle ricerche degli Archizoom è la No-Stop City, messa a punto tra il 1970 e il 1971, una delle visioni più enigmatiche e radicali della città del futuro senza limiti, resa possibile dall’illuminazione artificiale e dall’aria condizionata. Gli Archizoom non si sono limitati a immaginare i diagrammi e le vedute della loro città; hanno anche progettato dei mobili multifunzionali – gli Armadi Abitabili – da disporre sui piani continui e indivisi della No-Stop City, e degli abiti per gli abitanti di questi luoghi artificiali – il Dressing Design.

Alla fine della loro storia, e in un arco di tempo molto breve, gli Archizoom ci hanno lasciato un sistema completo che va dall’abito al mobile sino alla città concepita a scala territoriale; un sistema, il loro, che è anche testimonianza appassionata degli ideali di una generazione che ha creduto in un’umanità liberata dai vincoli dell’architettura, che ha lottato per una cultura alternativa, che ha sperato in uno stile di vita non-conformista, totalmente libero.

Megastrutture e Pop

I membri fondatori degli Archizoom – Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello e Massimo Morozzi – s’iscrivono alla Facoltà di Architettura di Firenze tra il 1959 e il 1961; nel 1963 s’iscrivono alla stessa Facoltà gli altri due membri, Lucia Morozzi e Dario Bartolini. Già durante gli studi universitari, architettura e politica formano il nucleo teorico peculiare del futuro impegno progettuale degli Archizoom.
Il progetto scolastico di Struttura urbana per 70’000 abitanti, a Brozzi, del gruppo formato da Paolo Deganello, Carlo Chiappi, Paolo Marliani, è una delle prime megastrutture progettate dagli studenti della Facoltà di Architettura prendendo ispirazione da quelle di Tange, Kahn e dei Metabolisti. La traduzione in italiano dei saggi di Vincent Scully jr., Architettura Moderna e Louis Kahn, lascia tracce profonde, negli studenti fiorentini, per la comprensione degli ultimi capolavori di Le Corbusier, e in particolare il Campidoglio di Chandigarh, e per la conoscenza dell’opera di Kahn. Lo dimostra il progetto scolastico per la sede di una Facoltà di Architettura (1965) del gruppo formato da Branzi, Corretti, Morozzi e Ali Navai.

Nel corso del 1966, dopo le esperienze dei gruppi universitari di studio, vengono fondati i primi due e più importanti gruppi di giovani laureati fiorentini, le cui opere diverranno un riferimento in campo internazionale per la formazione delle successive generazioni di architetti: gli Archizoom e Superstudio. Elemento discriminante tra i due gruppi è l’orientamento politico che nel caso dei futuri membri degli Archizoom alimenta la loro aspirazione a un radicale cambiamento sociale che li spingerà talvolta a trasformare il progetto di architettura in forma di analisi critica della società dei consumi.

La formazione del gruppo è preceduta dalla redazione delle tesi di laurea di Deganello, Corretti, Branzi. È in alcuni di questi progetti, come anche in progetti scolastici di Morozzi, che si delinea un’idea di architettura policroma e festosa, da Luna Park, definibile come Pop e che prefigura le opere degli Archizoom della fine del 1966.

Superarchitettura

La mostra della Superarchitettura, che si tiene alla galleria d’arte Jolly 2, a Pistoia, dal 4 al 17 dicembre 1966, segna la nascita degli Archizoom e di Superstudio.

Prototipi e modelli di mobili e oggetti in colori vivaci sono ispirati a quelli alla moda nei Piper; rappresentano un’importante apertura del design italiano alla Pop Art di Roy Lichtenstein, Robert Indiana, Eduardo Luigi Paolozzi, Joe Tilson; sono generati da operazioni scultoree e indipendenti dallo studio delle funzioni e dei materiali; manifestano astratti valori percettivi, come morbido, curvo, inclinato, colorato.

Tra le opere esposte a Pistoia figurano la Superonda e la Rampa, entrambe concepite per contestare i criteri di serialità, ergonomia, componibilità del design funzionalista e per affermare l’invadenza nella vita privata di oggetti pubblicitari, luminosi e colorati, della metropoli dei consumi di massa. Nelle intenzioni degli Archizoom quei mobili ingombranti assumeranno ben presto il significato di congegni bellici – diverranno veri e propri “cavalli di Troia” introdotti tra le pareti domestiche da un ignaro acquirente.

Eclettismo afro-tirolese e kitsch acido

Dopo la mostra della Superarchitettura e dopo la realizzazione della Superonda, la ricerca degli Archizoom sull’immagine dell’oggetto d’uso e del mobile evolve dalla cultura figurativa Pop verso una sempre più forte costruzione allegorica che si avvale di riferimenti culturali e figurativi diversi, sino a spingersi verso forme eclettiche che integrano il gusto corrente delle masse.
Pop Art e idoli popolari diventano gli ingredienti di un eclettismo che già nel corso della seconda metà del 1967 produce immagini diverse da quelle della Superarchitettura.
In tre opere inizia a delinearsi l’evoluzione dei riferimenti figurativi Pop verso forme che aspirano a divenire critica politica praticata attraverso il disegno: una nuova versione della Rampa; un fantastico disegno di trasformazione dell’abitacolo della Fiat 500 in Super Abarth e il divano Safari. Nelle tre opere è presente la finta pelle di leopardo che si afferma quale uno dei materiali emblematici di questo momento della produzione degli Archizoom.

Il definitivo superamento della fase Pop si compie con l’invenzione, nella seconda metà del 1967, dei Gazebi, destinata a lasciare un’impronta ossessivamente presente nelle successive opere degli Archizoom almeno sino al 1970. Struttura elementare per creare ombra nei giardini, il Gazebo viene trasformato in un recinto essenziale che serve da struttura di riferimento costante per la narrazione di racconti allegorici diversi, messi in scena attraverso la scelta e la disposizione di oggetti comuni.

Alla XIV Triennale di Milano del 1968, gli Archizoom realizzano il Gazebo più celebre, intitolato Centro di Cospirazione Eclettica, sintesi tra rappresentazione di un’istanza politica e invenzione di congegni artistici, al modo di James Rosenquist e Robert Rauschenberg, ma con esiti che continuano a esplorare le possibilità figurative di processi creativi spinti sino a quel kitsch che per l’occasione definiscono con il termine di “eclettismo”. Sollevato il portale di stoffa, il visitatore penetra in un’atmosfera densa di allegorie a Malcolm X, ai negri americani e all’Islam, e vede oggetti enigmatici, nessuno dei quali ha forma e uso convenzionali. Anche il visitatore che non riesce a carpire la segreta volontà di creare il cenotafio di Malcolm X e della cultura eversiva dell’Islam coglie comunque la volontà di definire un design a vocazione allegorica che rimetta in discussione la legittimazione dell’oggetto sulla base esclusiva della sua funzionalità.

Razionalismo esaltato

Noti per i loro oggetti di design e per i loro allestimenti, che iniziano a essere pubblicati da riviste italiane ed estere, gli Archizoom intraprendono anche, appena costituitisi in gruppo, un’intensa attività professionale che tuttavia non viene da loro ricordata nelle interviste o negli articoli, quasi si trattasse di un lavoro segreto e “borghese” svolto in parallelo alle ricerche sul design una volta “deposto l’abito” dei “terroristi”.

Gli Archizoom redigono progetti per le chiese a Zingonia e Pietrapiana, per lottizzazioni edilizie e ville, nei dintorni di Firenze e in località balneari toscane (per esempio la villa Vivoli, a Fiesole), espressioni di una forma peculiare di quel “razionalismo esaltato” teorizzato da Aldo Rossi nel 1967.

Il loro “razionalismo esaltato” raggiunge la dissoluzione dei presupposti simbolici e figurativi, per approdare a processi di generazione della forma privi di intenzionalità artistica e il più possibile automatici, con il progetto di concorso per un centro espositivo nella Fortezza da Basso, a Firenze (1967-1968). Nel piazzale della Fortezza gli Archizoom inseriscono un contenitore di tipo industriale il cui volume evita ogni soluzione di composizione con le preesistenze. È la distanza minima tra le mura e il contenitore imposta dal bando a diventare il principio generatore della forma.

Le potenzialità simboliche di quello stesso “razionalismo esaltato” vengono portate all’eccesso, producendo un oggetto altamente metaforico ed eloquente con il progetto che gli Archizoom presentano al concorso del 1968 per il Padiglione Italiano alla Esposizione Universale di Osaka del 1970. “Le Meraviglie d’Italia”, motto del progetto, sono gli oggetti esposti e, prima di tutto, il Padiglione per la sua capacità di essere, al tempo stesso, rappresentazione iconica dell’Italia, sintesi di una cultura architettonica autoctona – quella del razionalismo italiano tra le due guerre – e versione murale del Gazebo.

Tra il 1968 e il 1969 due opere sono particolarmente espressive del nuovo culto degli Archizoom per l’architettura di Mies van der Rohe: il progetto di villa sul lago di Ginevra e la poltrona Mies. Altri progetti per sedie – la NEP e la Lokomotiv –, ispirati a elementi figurativi suprematisti, costruttivisti e De Stijl, arricchiscono la genealogia dei mobili Archizoom d’avanguardia inaugurata con la Mies.

Gli Archizoom iniziano a studiare sedute dai profili talvolta ispirati alla sedia Panton. Progettano poltrone in tessuto rinforzato da lamine d’acciaio o con struttura metallica e vari tipi di materiale per seduta e schienale. Realizzano il prototipo di Poltrona a braccio, estrema espressione, nel cambiamento tecnologico delle schiume poliuretaniche avvenuto tra 1966 e 1972, della componente scultorea del loro design.

Queste sperimentazioni si risolvono nel progetto per una seduta componibile, l’AEO, entrata in produzione nel 1973.

Discorsi per immagini

Le prime importanti riflessioni degli Archizoom sulla città vengono pubblicate nel corso del 1969 e s’intrecciano, in alcuni casi, con quelle analoghe di Superstudio, confermando la continuità di un confronto stimolante mai venuto meno dopo la fondazione dei due gruppi. La loro analisi della città e del territorio non segue i consueti criteri dell’urbanistica, ma avviene attraverso dei discorsi per immagini ispirati alla Land Art e messi a punto sullo sfondo di una visione critica della società.
I criteri artistici fondamentali generatori delle immagini sono di varia natura: ingigantimento di un dettaglio (Aerodynamic City); sollevamento di un settore di crosta terrestre (Belvedere, Roof Garden); ripetizione di un oggetto emblematico di una città (Quartieri Paralleli per Berlino); scavo di un vuoto simbolico nel tessuto urbano storico (Sventramento a Bologna); intrusione di un colossale Gazebo in una città (Edificio Residenziale per Centro Storico).

No-Stop City

La serie di disegni della No-Stop City, iniziata nel 1970, non definisce il quadro coerente di una città del futuro, ma, come i Dream Beds, i Gazebi e i Discorsi per immagini, vuole creare, nelle intenzioni degli Archizoom, i presupposti per un nuovo tipo di conoscenza dei fenomeni in atto.

La No-Stop City vuole essere l’ideogramma della superficie terrestre con cui mostrare il destino in atto di uno sviluppo capitalistico che è destinato, nell’ottica degli Archizoom, a raggiungere la forma estrema e “definitiva” della fabbrica-città discussa dagli intellettuali marxisti italiani; vuole quindi mettere sotto gli occhi di tutti lo stato di fatto di un globo ormai interamente urbanizzato dove non esiste più l’opposizione tra artificio e natura, tra città e campagna, perché anche le zone più remote sono ormai raggiunte dai fenomeni della società dei consumi, primo tra tutti l’inquinamento.

Dai diagrammi che rappresentano lo schema strutturale e distributivo fondamentale della loro città, gli Archizoom raschiano via la griglia urbana e l’articolazione in strade, piazze, isolati, edifici, case e monumenti, e prefigurano un sistema omogeneo, ripetuto un imprecisato numero di volte, senza che questa operazione generi una struttura urbana emergente nel paesaggio, perché gran parte dei piani si sviluppa in sottosuolo.

Per ottenere le vedute iconiche dei piani continui racchiusi nell’enigmatica No-Stop City, gli Archizoom realizzano un congegno ottico fondato sull’utilizzazione di specchi.

Fondamentale nella messa a punto della No-Stop City è il progetto di concorso per la sede dell’Università di Firenze (1970-1971). La tavola dedicata agli “elementi costituenti l’universal climatic system” suggerisce un processo di progetto che avviene per sovrapposizione di strati o funzioni, ognuno dei quali risponde a proprie logiche. È un fondamentale punto di arrivo delle ricerche delle neo-avanguardie per un modo di progettare non compositivo.

Contemporaneamente ai diagrammi della città del futuro, gli Archizoom mettono a punto un sistema di abbigliamento per il clima artificiale della loro No-Stop City: The Nearest Habitat System, Dressing Design.
Essi intendono ridefinire il ruolo del progettista, non più “stilista”, ma tecnico in grado di controllare e orientare i processi della fabbricazione dei capi di abbigliamento, e di creare un “sistema razionale di abbigliamento” fondato su una serie di oggetti da indossare e inteso quale “base neutra” per variazioni personali. Così l’abito diventa per gli Archizoom il primo grado della costruzione dell’habitat; è prodotto di design da analizzare nelle sue componenti tecniche e di fabbricazione; è investito delle stesse qualità del piano della città e dei diagrammi “non figurativi”, essendo una “base neutra”; è sistema di elementi componibili studiato per le comunità d’individui che abitano luoghi senza qualità e senza confini, climatizzati e illuminati da luce artificiale.

L’altro oggetto degli Archizoom che assieme all’abito concorre alla precisazione delle forme di vita possibili nella No-Stop City è il mobile nella soluzione del contenitore multifunzionale: l’Armadio Abitabile. Esso corrisponde alle caratteristiche dell’“antidesign” italiano teorizzato nel 1969 da Joe Colombo e che decreta la fine degli “oggetti isolati”, sostituiti da “blocchi coordinati disposti in uno spazio libero”.
Nella No-Stop City, “città non discontinua e omogenea” dove non esistono più né tessuto urbano né architetture, la casa si trasforma in Armadio Abitabile. Così viene meno il modello della capsula o dell’abitacolo, tipico delle ricerche delle avanguardie internazionali contemporanee; gli uomini abitano attorno o sopra l’armadio, godendo del piano continuo garantito proprio da quel tipo di contenitore.

L’eliminazione dell’architettura prefigurata con la No-Stop City non è che una tappa del processo di azzeramento formale perseguito dagli Archizoom e da altri gruppi dell’“architettura radicale” che nei primi anni Settanta puntano a “eliminare” anche l’oggetto – Distruzione degli oggetti –, volendo distruggerne ogni qualità semantico-simbolica e ridurlo in uno stato di neutralità che rifletta quello dei luoghi della No-Stop City.

Intorno al 1972-1973 il Dressing Design formulato nel quadro degli studi per la No-Stop City si articola in due direzioni corrispondendo anche a due momenti della ricerca e a contributi di diversi membri del gruppo: da una parte vi sono le proposte per singoli capi da realizzare su basi industriali, sfruttando le possibilità dei macchinari e dei materiali sintetici per produrre abiti senza taglia e componibili, sempre idealmente rivolti all’abitante della No-Stop City; dall’altra vi sono le ricerche tese a riconsiderare la fabbricazione artigianale dell’abito a partire dai suoi elementi costitutivi (tessuto e filo) e dalle operazioni elementari (taglio e cucitura), riscoprendo i tessuti in fibre naturali e i metodi della sartoria tradizionale, ma non nell’accezione dell’abito occidentale per tagliare il tessuto in pezzi da cucire secondo forme aderenti al corpo, bensì per individuare tagli e cuciture che non comportino scarti, arrivando a progettare abiti dalle forme indipendenti da quelle del corpo.
I nuovi criteri sartoriali divengono il soggetto dei due filmati, Come è fatto il cappotto di Gogol e Vestirsi è facile, realizzati dagli Archizoom per la XV Triennale di Milano del 1973, quando ormai il gruppo è in procinto di procedere alla propria autodistruzione.

La mostra all’Accademia di architettura di Mendrisio

In occasione del vernissage di Archizoom Associati 1966-1974. Dall’onda pop alla superficie neutra, che si terrà giovedì 6 maggio 2010 alle ore 19.30, Roberto Gargiani, curatore della mostra e professore di storia dell’architettura all’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne, terrà una conferenza in italiano.
All’inaugurazione saranno presenti gli architetti di Archizoom: Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello, Massimo Morozzi e Dario Bartolini.
L’evento è previsto presso l’Aula Magna dell’Accademia di architettura (pianterreno di Palazzo Canavée, Via Canavée 5, Mendrisio, Svizzera). Al termine un aperitivo sarà offerto a tutti i presenti.

La mostra, a cura di Roberto Gargiani, può essere visitata da venerdì 7 maggio a domenica 6 giugno 2010 presso la Galleria dell’Accademia (pianterreno di Palazzo Canavée, Via Canavée 5, Mendrisio, Svizzera), dal martedì alla domenica dalle ore 13.00 alle 18.00. L’ingresso è gratuito.

L'esposizione è promossa dall’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne e dal Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma.

Per il loro contributo alla realizzazione della mostra si ringraziano l’architetto Andrea Branzi; il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma; Cassina S.p.A., Meda / Milano; il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato; Poltronova srl, Montale; l’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne.

Si ringraziano inoltre per il supporto 3A Composites GmbH, Osnabrück / Singen (Germania); Fabio Rezzonico & Co, Mendrisio; Color Lito System SA, Manno; Autotrasporti S.a.g.l., Novazzano.

INFORMAZIONI
Amanda Prada
Responsabile comunicazione e conferenze
Accademia di architettura di Mendrisio
tel. +41 58 666 58 69
[email protected]

 

 

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