Alle origini del Centro svizzero di calcolo scientifico (1991)

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Servizio comunicazione istituzionale

4 Aprile 2022

Il CSCS è stato fondato a Manno nel 1991, a seguito di un fervente dibattito che ha rispecchiato le caratteristiche chiave del modello federalista svizzero, rivelandone anche le ambizioni, le sfide e le contraddizioni. In seguito si è trasferito a Lugano, a soli 2 km dal Campus universitario dell'USI. Un articolo appena pubblicato da Paolo Bory, Ely Lüthi, Gabriele Balbi ne ripercorre la storia dal 1985 al 1992, basandosi su un vasto corpus di fonti primarie raccolte in archivi istituzionali, privati ​​e nazionali. Ne parliamo con uno degli autori di questa ricostruzione storica, il Professore della Facoltà di comunicazione, cultura e società dell'USI Gabriele Balbi.

 

Prof. Balbi, l'articolo si intitola «Una storia di amicizia e incomprensioni»: perché?

“Una storia di amicizia e incomprensioni” è un’espressione usata da Giuseppe Buffi nel discorso che ha tenuto alla cerimonia di inaugurazione del CSCS il primo ottobre 1992 e che fa riferimento alle varie peripezie legate all’arrivo del centro di calcolo in Ticino.

Quella del CSCS è una storia che comincia almeno nel 1985. È fatta di amicizie perché le ambizioni che la Svizzera italiana aveva negli anni ‘80 di avere un’istituzione accademica sul proprio territorio sono state fin da subito ben comprese dai membri delle università e dei politecnici d’oltralpe, e i componenti dei vari gruppi di lavoro incaricati di valutare la fattibilità del progetto sono sempre stati molto disponibili in questo senso. È però anche una storia di incomprensioni, per vari motivi: c’è lo scetticismo che emerge sia in questi gruppi di lavoro che tra la popolazione ticinese, dove si teme che il territorio non sia in grado di ospitare un progetto di queste dimensioni, il primo nel suo genere. Non bisogna infatti dimenticare che, prima del CSCS, non c’erano istituzioni accademiche nella Svizzera italiana, dove prevalevano l’agricoltura e l’industria.

Le incomprensioni e gli equivoci hanno riguardato anche le complicazioni legate alla localizzazione del centro stesso, con vari problemi dal punto di vista politico e giuridico che hanno incrementato lo scetticismo generale. Ad esempio, alcuni attori come gli architetti e i progettisti della Svizzera italiana si sentirono esclusi dalla realizzazione del centro, e questo provocò nella nostra regione una serie di contrasti sia sul piano economico che su quello politico.

Le amicizie hanno però prevalso in questa storia: la volontà di stabilire il CSCS nella regione italofona della Svizzera era molto concreta, soprattutto da parte del Politecnico di Zurigo e del suo presidente di allora, Hans Bühlman. Ed è proprio grazie a lui e al lavoro che ha svolto insieme a diversi altri protagonisti, tra cui lo stesso Buffi, Flavio Cotti e Fulvio Caccia, che il CSCS è stato realizzato a Manno nel 1991.

 

Perché costruire un centro di calcolo dell'ETH Zürich in Ticino?

L’idea di un centro di calcolo nazionale non nasce all’inizio di questa storia. Quando, nel 1985, il Consiglio Federale decide di stanziare un fondo per lo sviluppo informatico del paese e per l’acquisto di un supercomputer di ultima generazione, all’inizio pensa di allocarlo all’EPFL oppure all’ETHZ. Entrambi i Politecnici però volevano questo nuovo supercomputer e, dal momento che non si trovò un accordo tra le parti, si decise di creare una nuova istituzione. Trovare i fondi per realizzarla non è però stato semplice: questa nuova entità non poteva essere indipendente perché c’era bisogno di importanti finanziamenti. L’ETHZ ha contribuito significativamente in questo finanziamento e, di contro, alla nascita del CSCS, che è ancora oggi parte integrante del Politecnico stesso.

Per l’ETHZ, il CSCS ha da subito rappresentato un’eccellente opportunità per separare le proprie attività e per gestire meglio il proprio spazio: da quando il centro è ufficialmente operativo, nel 1991, l’ETHZ ha spostato al CSCS tutte le sue attività esterne, ovvero l’affitto di spazio e di tempo di calcolo ad altre istituzioni accademiche e ad aziende, tenendo a Zurigo unicamente le sue attività interne, dunque solo le attività di ricerca dei propri collaboratori. Questo ha consentito all’ETHZ di migliorare la gestione delle proprie capacità di calcolo e di espandere la propria offerta di spazi di calcolo per le altre istituzioni.

Ma l’interesse dell’ETHZ non è l’unico elemento importante: stabilire il centro di calcolo nella Svizzera italiana ha permesso la creazione di connessioni e di collaborazioni internazionali. Il CSCS era infatti stato pensato anche come un ponte in grado di avvicinare le istituzioni accademiche svizzere a quelle del resto del mondo, partendo da quelle del nord Italia e arrivando fino al Giappone passando per il resto dell’Europa. Queste collaborazioni hanno permesso alla Svizzera italiana di aprirsi al panorama nazionale e internazionale: nell’articolo sottolineiamo ad esempio l’importantissima relazione con il Giappone, in particolare con l’azienda NEC. Il primo supercomputer acquistato per il CSCS era prodotto proprio da questa azienda, con cui negli anni a seguire il CSCS ha intrecciato forti legami che lo hanno addirittura portato per un periodo di tempo ad essere un centro di sviluppo per NEC.

 

Cosa significa federalismo digitale?

Il federalismo è una caratteristica tipicamente svizzera: si cerca sempre di aiutarsi a vicenda e di fare in modo che ogni regione abbia simili opportunità. Il federalismo digitale è più un processo sempre in atto che un dato di fatto. Come scritto nell’introduzione al volume, per federalismo digitale si intende un continuo sforzo di bilanciamento tra automazione, autorità e autonomia. Il caso del CSCS mostra perfettamente come l’innovazione nel digitale, al pari di molti altri campi, sia sempre legata a decisioni politiche, nonché ad aspetti economici, culturali e sociali che ne influenzano non solo l’uso, ma soprattutto l’impatto sul territorio. Nel fondare il CSCS, alcuni princìpi fondanti del federalismo come l’autonomia decisionale dei cantoni e la solidarietà tra istituzioni federali, accademiche e regionali sono state messe alla prova dalla digitalizzazione, e in particolare dal bisogno impellente di tenersi al passo con gli altri paesi europei. Questo progetto ha avuto quindi sì una valenza tecnologica – anche se nei primi anni il CSCS non ha avuto un grande impatto sul mondo accademico – ma soprattutto ha avuto una valenza politica, nel senso che è stato attutato seguendo e mettendo alla prova dei princìpi, quelli del federalismo, che non sono sempre facili da perseguire.

Negli anni ’80, la Svizzera italiana era la regione del paese con meno infrastrutture informatiche e digitali e, come detto, in cui non c’erano istituzioni di formazione universitaria: localizzarvi il centro di calcolo nazionale ha significato ristabilire un certo equilibrio con la Svizzera romanda e la Svizzera tedesca. “Federalismo digitale” si riferisce a questo fenomeno, alla volontà di decentralizzare il più possibile le nuove infrastrutture digitali come i supercomputer e di farne beneficiare il maggior numero di persone possibile in più parti del paese. Per questo motivo, si è spesso parlato anche di un “atto di solidarietà” nei confronti di una regione sfavorita come la Svizzera italiana.

Ed è sempre in un’ottica di federalismo che, insieme all’acquisto di un nuovo supercomputer, il credito stanziato dal Consiglio Federale nel 1985 prevedeva la creazione della rete SWITCH, che ancora oggi usiamo e che collega tutte le istituzioni accademiche svizzere. Sia il CSCS che SWITCH possono a pieno titolo essere considerati come dei ponti che collegano e avvicinano varie parti della Svizzera.

 

Quale valore ha ricostruire la storia, piuttosto recente, del CSCS?

Il CSCS è una parte importante della storia della Svizzera italiana: si tratta infatti di una prima istituzione universitaria con collegamenti nazionali e internazionali che ha in seguito spianato il terreno all’USI e, più in generale, alla crescita intellettuale della regione. E che, dunque, ha dato a una Svizzera italiana industriale e agricola una nuova opportunità nel mondo dell’accademia e della ricerca, delle opportunità che si sono riflesse anche sugli abitanti e che hanno offerto loro nuove possibilità di formazione e di lavoro.

È anche per questo motivo che lo stesso Buffi, nel suo discorso inaugurale, ha affermato: “Penso allora che un giorno la storia dell’assegnazione al Ticino del centro svizzero di calcolo scientifico andrà scritta nei minimi particolari, perché rimanga testimonianza emblematica di quanto può capitare nella nostra realtà locale”. Noi abbiamo cercato di “realizzare” il desiderio di Buffi. Troppo spesso, infatti, pensando al CSCS si è pensato alle circostanze politiche ed economiche che hanno caratterizzato la sua fondazione, considerando quindi solo i lati negativi di questa vicenda e tralasciando quelli positivi che, ancora oggi, continuano ad avere una grande rilevanza per la nostra regione. Era importante scriverne la storia, ma era altrettanto rilevante (e forse anche di più) farlo basandosi su delle fonti storiche inesplorate e conservate in vari archivi, tra cui quelli del CSCS e dell’ETHZ.

Ricostruire questa storia è significativo anche perché si tratta di una storia di controversie e di indifferenza: tanto è stato il disinteresse verso questo centro, soprattutto da parte ticinese, ed è perciò importante ricordare il contesto della sua nascita insieme a tutte le ricadute positive che ha avuto (e che sta ancora avendo) sulla Svizzera italiana.

 

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