COVID 19: la resilienza dei ticinesi in tempo di crisi
Servizio comunicazione istituzionale
16 Novembre 2020
La resilienza indica la capacità di fronteggiare in maniera positiva gli eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la propria vita. Maggiore flessibilità, adattamento alle difficoltà e regolazione delle proprie emozioni diventano ancora più rilevanti in tempo di crisi, come quella innescata dal coronavirus. Panico, agitazione, irritabilità, ansia, incapacità di provare emozioni positive, depressione e stress... in tempi di pandemia è fondamentale monitorare l’impatto della situazione sulla salute mentale. Lo studio Corona Immunitas Ticino, oltre a misurare l’entità della diffusione del coronavirus e l’immunità nella popolazione, si occupa proprio di analizzare questo impatto. E la popolazione ticinese ha dimostrato di possedere delle risorse psicologiche utili a gestire durante la pandemia stress e stanchezza mentale, indica lo studio. Ci aiuta a leggere questi risultati il commento di Emiliano Albanese, Professore ordinario di Salute Pubblica all’USI e responsabile dello studio, intervistato dal domenicale Il Caffè (leggi l'articolo).
In Ticino l’indagine, coordinata da USI e SUPSI in collaborazione con l'Istituto di ricerca in biomedicina (IRB, affiliato USI), il Laboratorio di microbiologia applicata (SUPSI) e l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), ha coinvolto un campione di 13'000 persone, di età compresa tra i 5 e i 104 anni. In questo contesto, un primo gruppo di persone, di età compresa tra i 20 e i 64 anni, è stato sottoposto (da luglio 2020), oltre al test sierologico, anche a diversi questionari, tra i quali uno composto da ventuno domande, cui rispondere ogni mese, basato sulla cosidetta "Dass-21", una scala per valutare depressione, ansia, stress. Le domande riguardano diversi aspetti: dalla difficoltà a respirare al riuscire a provare emozioni positive, dalla fatica a fare ciò che si dovrebbe fare alla tendenza a reagire in maniera eccessiva a una particolare situazione. Proprio grazie a questi primi dati, a quattro mesi dall’inizio dello studio, si possono già estrapolare alcune indicazioni su come il virus stia avendo un impatto sulla salute mentale. Dando uno sguardo ai risultati intermedi emerge che quasi il 90% dei partecipanti non ha temuto di poter cedere al panico, il che corrisponde a una buona percezione di autocontrollo. Un risultato molto positivo, soprattutto tenendo conto che durante l’arco dei quattro mesi di test, questa risposta non ha subìto alcun cambiamento significativo. Un altro dato rilevante è che circa due terzi delle persone interpellate (65%) ha riferito di aver provato emozioni positive. Durante l’estate questa proporzione è aumentata fino a superare il 70%. Infine, oltre la metà degli intervistati ha dichiarato di non aver avuto difficoltà a iniziare le proprie attività quotidiane.
“La popolazione ha dimostrato la capacità di fronteggiare e gestire lo stress”, spiega il Professor Emiliano Albanese nell’intervista rilasciata al domenicale Il Caffè. “Dopo quattro questionari compilati mensilmente abbiamo notato che i livelli di depressione e ansia non sono particolarmente toccati. Staremo a vedere se e come nelle prossime settimane le risposte cambieranno”. Un elemento da tenere in considerazione è infatti la portata “psicologicamente più dura” della seconda ondata. Per l’esperto, questo studio “darà importanti informazioni anche per valutare l’impatto delle misure di contenimento. Ad esempio se la popolazione, e di quale età, è in grado di reggere meglio un altro eventuale lockdown”.
Per maggiori informazioni sul progetto Corona Immunitas potete visitare il sito
https://www.corona-immunitas-ticino.ch