Caschi Blu della Cultura
Servizio comunicazione istituzionale
29 Novembre 2021
L’evento Unite4Heritage del 26 ottobre, organizzato e moderato dal Prof. Lorenzo Cantoni, responsabile all’USI della UNESCO chair in ICT to develop and promote sustainable tourism in World Heritage Sites, ha visto il Brig. Gen. Roberto Riccardi, Capo del Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, condividere la sua esperienza nell’ambito del progetto “Caschi Blu per la Cultura” dell’UNESCO. In quest’occasione abbiamo potuto approfondire con lui alcuni temi affrontati.
Brig. Gen. Riccardi, in poche parole, che cosa sono e di cosa si occupano i “Caschi Blu della Cultura”?
I Caschi blu della Cultura sono un’iniziativa avviata nel 2016 dall’Italia insieme all’Unesco. Si tratta di Carabinieri del Comando TPC e di funzionari del Ministero della Cultura che intervengono, anche fuori dai confini nazionali, a seguito di conflitti o calamità naturali. Essi procedono alla catalogazione e alla messa in sicurezza dei beni danneggiati o a rischio, in funzione dei successivi interventi conservativi e di restauro. La Task-Force ha esordito nell’Italia centrale a seguito degli eventi sismici del 2016 (30.000 i beni messi in sicurezza) e, successivamente, ha operato in Messico, Albania, Libano e Croazia. Dal 2003 è attiva in Iraq la sola componente dei Carabinieri del TPC, che ha inserito nella propria Banca dati delle opere rubate migliaia di oggetti, prevalentemente di ambito archeologico, trafugati dai musei di quel Paese.
Qual è il ruolo dell’educazione nella protezione dei beni culturali?
L’educazione è fondamentale perché molti delitti si verificano anche per una conoscenza parziale delle normative di settore, per una minore consapevolezza dell’illiceità di taluni acquisti. L’azione di sensibilizzazione, che il Comando TPC svolge con un significativo dispendio di risorse, è importante anche perché, se bene informati, tutti i cittadini possono svolgere un ruolo nella difesa di tesori che appartengono alla collettività. Anche per questo ho particolarmente apprezzato l’invito a trattare i nostri argomenti nella prestigiosa sede dell’Università della Svizzera Italiana, perché mi ha consentito di raggiungere un target interessato e sensibile.
Quali sono le sfide che si profilano all’orizzonte per la protezione dei beni culturali a livello mondiale?
La sfida è contrastare traffici che si avvalgono delle più moderne tecnologie e si svolgono sempre di più su piattaforme virtuali di non semplice individuazione, nonché fenomeni di contraffazione o scavo clandestino sempre più evoluti. Per affrontarla al meglio ci aggiorniamo anche noi, ad esempio con l’uso di immagini catturate con l’ausilio del satellite o dei droni, ovvero con lo sviluppo del software della nostra Banca Dati, che stiamo indirizzando verso una ricerca e una comparazione automatica di immagini tratte da ogni ambito della rete. Quest’ultima è il nostro strumento investigativo più efficace, possedendo un archivio di circa 8 milioni di files, dei quali 1.300.000 si riferiscono a opere tuttora da ricercare.