Chandigarh e Brasilia: India e Brasile a confronto all'Accademia di Mendrisio

Servizio comunicazione istituzionale

30 Gennaio 2007

Nell’ambito del ciclo espositivo sulle metropoli del mondo emergente, l’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana, dopo le mostre sul Messico e Mosca, propone un nuovo appuntamento con l’esposizione che s’inaugurerà giovedì 8 febbraio 2007 alle ore 19: Twilight of the Plan: Chandigarh and Brasilia.

La terza tappa del viaggio attraverso città e aree metropolitane d’importanza planetaria prevede, infatti, un confronto fra due città create ex nihilo poco dopo il 1950: una sorta di test per verificare lo stato di salute dell’urbanistica del movimento moderno e per mettere in luce somiglianze, differenze, contrasti, velocità e assurdità di due città sorprendenti. Il titolo Twilight of the Plan: Chandigarh and Brasilia (ovvero Il Crepuscolo del Piano: Chandigarh e Brasilia) suggerisce a sua volta i limiti della concezione di piani moderni adottati nell’urbanistica del decennio 1950-60.

Chandigarh e Brasilia, le due città capitali in India e Brasile, sono le realizzazioni senza dubbio più spettacolari dell’urbanistica moderna, risultati ambiziosi e al contempo contraddittori, veri e propri manifesti. La prima, iniziata a costruire nel 1951, rappresenta la più grande e completa esperienza di Le Corbusier, al quale si devono sia il piano urbanistico, particolarmente interessante soprattutto per quel che riguarda l’organizzazione viaria, sia la progettazione del complesso degli edifici pubblici. Opera di collaborazione si può invece considerare Brasilia, il cui piano è stato ideato da Lucio Costa, mentre i più importanti edifici pubblici si devono a Oscar Niemeyer (1956).

La mostra presentata alla Galleria dell’Accademia si propone d’indagare la realtà contemporanea delle due città attraverso una sequenza di parole chiave suddivise in due categorie – urbanistica e architettura – che segnalano le tematiche caratterizzanti la modernità dei loro progetti. Il visitatore segue un percorso di ricostruzione storica della formazione di un idioma ufficiale attraverso il quale l’architettura fu chiamata a raffigurare in India e in Brasile la modernizzazione e a rappresentarne l’identità nazionale.

Ma la mostra testimonia anche il divario che si è nel tempo prodotto tra l’originaria ambizione di creare un habitat per la nuova classe media e la successiva densificazione; prende inoltre in esame le differenze nelle modalità di gestione, confrontate con la logica dell’economia globale e con problemi come l’incremento di abitanti, lo sviluppo della mobilità e il pluralismo culturale.

Fin dall’inizio dei lavori di costruzione, tanto Chandigarh quanto Brasilia sono sempre state al centro d’importanti campagne fotografiche. Il particolare contesto storico e soprattutto la fama dei rispettivi architetti e urbanisti – Le Corbusier e Pierre Jeanneret per Chandigarh, Lucio Costa e Oscar Niemeyer per Brasilia – sono quindi documentati in mostra con una selezione di riprese d’epoca dalle collezioni di fotografi come René Burri, Thomas Farkas, Marcel Gautherot, Lucie Hervé, Ernst Scheidegger e Peter Scheyer. La lettura della città contemporanea è affidata agli scatti di Enrico Cano, che nel 2006 ha realizzato due campagne fotografiche.

L’esposizione, sostenuta dalla Commissione svizzera per l’UNESCO, è curata da Josep Acebillo, direttore dell’Accademia di architettura di Mendrisio, dalla professoressa Maristella Casciato (Facoltà di Architettura “Aldo Rossi”, Sede di Cesena, Università degli Studi di Bologna) e dal professore Stanislaus von Moos (Accademia di Mendrisio).

Alla vernice della mostra interverranno i tre curatori per un dialogo sulle due città di moderna fondazione. Saranno inoltre presenti Eduardo dos Santos, ambasciatore del Brasile a Berna, e Rajnish Wattas, direttore del Chandigarh College of Architecture.

Al termine della vernice un aperitivo sarà offerto a tutti i presenti.

La vernice dell’esposizione Twilight of the Plan: Chandigarh and Brasilia è prevista per giovedì 8 febbraio 2007 alle ore 19.00 presso l’Accademia di architettura (Galleria dell’Accademia, pianterreno di Palazzo Canavée, Via Canavée 5, 6850 Mendrisio-Svizzera).

La mostra resterà aperta sino a domenica 18 marzo 2007. Potrà essere visitata dal mercoledì alla domenica dalle ore 12 alle ore 18.

L’ingresso è libero.

Durante l’apertura della mostra sarà presentato il catalogo Twilight of the Plan: Chandigarh and Brasilia a cura di Josep Acebillo, Maristella Casciato e Stanislaus von Moos, edito dalla Mendrisio Academy Press (2007, 192 pagine, a colori, in lingua inglese, Fr. 25/Euro 16).

Dopo Chandigarh e Brasilia, la Galleria ospiterà altre due mostre sulle metropoli del mondo emergente:

- Johannesburg: metropoli emergenti/divergenti (3 aprile - 10 maggio 2007):

sullo sfondo di una visione che comprende i problemi ereditati dall’apartheid, la mostra offrirà un panorama delle trasformazioni in corso. Una serie di foto straordinarie di David Goldblatt documenterà la reazione della gente comune di fronte ai progetti più significativi.

- Shanghai, Pechino and Nanchino: three Chinese venues (24 maggio - 29 giugno 2007):

la mostra si prefigge l’obiettivo di stabilire se il grande sviluppo urbanistico cinese, che coinvolge in maniera prepotente anche l’industria e l’economia, si rivelerà compatibile con il patrimonio della città storica e con un ambiente sostenibile.

Informazioni:

Amanda Prada, Responsabile comunicazione e conferenze, Accademia di architettura di Mendrisio, tel.: +41 58 666 58 69, e-mail: [email protected]

Testo della locandina

Twilight of the Plan: Chandigarh and Brasilia

Galleria dell’Accademia, giovedì 8 febbraio – domenica 18 marzo 2007

Curatori: Josep Acebillo, Maristella Casciato, Stanislaus von Moos

La mostra Twilight of the Plan: Chandigarh and Brasilia si propone di offrire una lettura dei modelli di sviluppo urbano che furono concepiti dal movimento moderno e una riflessione sul loro attuale significato. Chandigarh e Brasilia, città capitali realizzate ex nihilo nel decennio 1950-60, fanno riferimento esplicito alle tradizioni funzionalista e razionalista dell’urbanistica moderna, di cui rappresentano i risultati più ambiziosi e allo stesso tempo contraddittori. Al pari di alcuni piani d’ispirazione neoclassica elaborati nei primi decenni del XX secolo – in primo luogo collegati alla realizzazione di capitali governative o centri civici – ambedue rispondono ad ambizioni monumentali tese a rappresentare le istituzioni dello stato.

È la stringente sinergia che s’istituisce fra programma sociale e volontà di rappresentazione politica che rende del tutto originali le due città se paragonate sia con le New Towns costruite nel secondo dopoguerra in Inghilterra, Svezia, Francia, Stati Uniti, Pakistan ecc., sia con i nuovi centri governativi, tendenzialmente definiti come entità autonome inserite in un contesto urbano preesistente, come nel caso delle capitali dello stato di New York, Albany, o del Bangladesh, Dhaka.

Se da un lato la mostra testimonia la similarità d’organizzazione delle due città, per via del loro appartenere ad una comune tradizione d’urbanistica moderna, essa mette anche in luce le differenze fra i due progetti e le modalità della loro attuale gestione, costretta a confrontarsi con la logica dell’economia globale di mercato e con la rapida crescita della popolazione, la densità urbana, i trasporti, il pluralismo etnico-culturale ecc.

Per contestualizzare i due progetti nella storia dell’architettura del ‘900, l’esposizione mette al centro del suo percorso il concetto dello spazio istituzionale – il Campidoglio – e confronta le differenti interpretazioni di questo tema con una serie di piani urbani d’ispirazione Beaux Arts per Washington D.C., Canberra, New Delhi, che costituiscono i capisaldi del movimento del City Beautiful.

L’architettura moderna in Brasile, così come in India, può essere parzialmente intesa come un dialogo con alcuni paradigmi dell’International Style, così come essi furono codificati intorno al 1930 e in particolare attraverso l’insegnamento di Le Corbusier. Prescindendo dalle differenze fra le condizioni economiche e sociali presenti nelle due città, la marcata diversità fra il modernismo brasiliano e quello indiano può essere interpretata in relazione a momenti distinti della carriera lecorbuseriana.

Non si può comprendere Brasilia – e forse neppure Chandigarh – se non nel quadro specifico della tradizione brasiliana del modernismo, che ebbe inizio intorno al 1930, e che fece felicemente convergere il passato barocco e neoclassico brasiliano, già studiato e interpretato da Lucio Costa, con l’International Style. Quando nei primissimi anni ’50 Le Corbusier, Jane Drew, Maxwell Fry e soprattutto Pierre Jeanneret codificarono uno stile ufficiale per l’India, il carattere di quello stile si riferiva anche all’eredità neoclassica presente nelle architetture dell’India coloniale. A pochi anni di distanza, Brasilia, per conto suo, appariva più direttamente ispirata ad una tradizione funzionalista. La mostra propone anche una nuova interpretazione di alcuni elementi compositivi della progettazione architettonica modernista, come i pilotis, le rampe o i brise-soleil, rileggendone l’utilizzo sulle tracce delle culture locali.

In tempi più recenti, in Brasile come in India, gli stili ufficiali proposti dalle due capitali non sono più pubblicamente associati con l’idea di modernità, come lo erano all’epoca della loro fondazione. Emblematicamente entrambe le città si confrontano con il problema di promuovere la loro identità come “monumenti” nazionali. E mentre il Plano Piloto di Brasilia è stato inserito nella World Heritage List dell’UNESCO già nel 1984, Chandigarh, il cui complesso del Campidoglio ospita oggi due distinti governi regionali, non ha ancora compiuto passi analoghi. Ma aprendo la strada alla patrimonializzazione del moderno, le agenzie turistiche di Chandigarh iniziano a proporre gli edifici monumentali come attrazioni e spazi per il tempo libero.

La mostra analizza la realtà contemporanea delle due capitali attraverso una sequenza di parole chiave, che segnalano le tematiche caratterizzanti la modernità d’impostazione dei loro progetti. Suddivise in due categorie – urbanistica e architettura – le parole chiave accompagnano lo spettatore lungo un percorso che ricostruisce il fenomeno storico della formazione di un idioma ufficiale attraverso il quale l’architettura fu chiamata a raffigurare la modernizzazione in corso in India come in Brasile, e a rappresentarne l’identità nazionale. Ne deriva un’interpretazione che pone in evidenza la tensione che esiste tra l’ambizione di creare un habitat per la nuova classe media e la pressione della crescita della popolazione e dell’economia di mercato, che tende a sovvertire il carattere borghese di entrambe le città. L’area del Plano Piloto di Brasilia, ad esempio, è ora circondata non solo da grandi favelas, ma da una corona di città satelliti, in rapida crescita, solo in parte pianificata. Chandigarh, a sua volta, è stata obbligata ad accogliere, all’interno della griglia dei settori, una quota di nuova architettura superiore a quella presente nel piano originale.  

Chandigarh e Brasilia, sia per via dell’assai sensibile situazione storica del periodo della decolonizzazione, sia per via della fama dei rispettivi architetti e urbanisti, sono state oggetto d’importanti campagne fotografiche sin dal momento della loro costruzione. La mostra propone una selezione di riprese d’epoca dalle collezioni di fotografi come René Burri, Thomas Farkas, Marcel Gautherot, Lucie Hervé, Ernst Scheidegger, Peter Scheyer.

La lettura della città contemporanea è affidata agli scatti di Enrico Cano, che nel 2006 ha realizzato, insieme ai curatori, due campagne fotografiche.