Le sfide della valutazione della ricerca scientifica

La professoressa Emanuela Reale (foto CNR-IRCrES/Twitter)
La professoressa Emanuela Reale (foto CNR-IRCrES/Twitter)

Servizio comunicazione istituzionale

10 Ottobre 2022

La valutazione della ricerca svolta dalle istituzioni accademiche è stato uno dei temi affrontati durante il quarto workshop REHES, Research on Higher Education and Science in Switzerland che ha riunito all'Università della Svizzera italiana una cinquantina di studiosi per discutere delle sfide del sistema dell’istruzione superiore. In particolare si è discusso dell’impatto che possono avere sulle pratiche di ricerca le valutazioni fatte esternamente alla comunità scientifica, in particolare quelle realizzate dai governi per distribuire fondi o accreditare le istituzioni di insegnamento superiore.

Ne abbiamo parlato con la professoressa Emanuela Reale, direttrice dell’Istituto di Ricerca sulla crescita economica sostenibile del CNR italiano, che insieme al collega Antonio Zinilli ha presentato uno studio condotto sulle università italiane. Il punto di partenza è la contrapposizione, presente nella letteratura scientifica sul tema, fra due idee di qualità della ricerca. «La prima è quella che i ricercatori costruiscono all’interno della propria comunità di riferimento» ha spiegato la professoressa Reale. Il sociologo costruisce la sua idea di qualità all’interno della comunità della sociologia, il biologo all’interno della comunità della biologia e così via. «È un’idea omogenea perché si rifà allo stesso tipo di conoscenze, metodologie e procedure». La seconda idea di qualità è invece quella generata dai governi che, da soggetto esterno alla comunità scientifica, valuta la ricerca in base ad alcuni standard e indicatori. Si viene quindi a creare una tensione tra due diversi sistemi di valutazione e scopo della ricerca presentata riguarda appunto gli effetti di questa tensione. «Il ricercatore adeguerà la sua idea di qualità della ricerca guardando agli indicatori scelti dalla politica oppure seguirà un doppio binario? Quello che abbiamo osservato è che in alcune comunità scientifiche questo effetto è molto forte: in particolare le comunità delle scienze umane e sociali subiscono l’effetto delle valutazioni esterne perché gli indicatori proposti dal governo sono in conflitto con la loro pratica di ricerca». La valutazione della ricerca porta quindi «a un cambiamento trasformativo, anche se è ancora da capire se in meglio o in peggio: la raccomandazione che viene dalla nostra ricerca è che un governo deve essere estremamente cauto, nell’uso dello strumento della valutazione, perché può avere un impatto rilevante sulla scienza» ha sottolineato la professoressa Reale.

I decisori politici portano la loro idea di qualità attraverso diversi strumenti, ha aggiunto la professoressa Reale. I principali sono meccanismi di finanziamento competitivo e un altro molto usato in alcuni Paesi europei è la valutazione massiva delle università i cui risultati sono collegati all’allocazione delle risorse o all’accreditamento dei corsi di dottorato. Entrambi sono stati adottati anche in Svizzera, anche se in forma molto moderata, ha aggiunto il professor Benedetto Lepori dell'USI, organizzatore del colloquio.

La professoressa Reale ha inoltre sottolineato che bisogna interrogarsi quanto questa valutazione massiva debba essere trasformata. Una recente attività promossa dalla Commissione europea propone ad esempio una rivisitazione di questi criteri per essere più aderente all’obiettivo dell’open science: visto che le pratiche di valutazione hanno un effetto, possono essere utilizzare per indirizzare la ricerca verso comportamenti virtuosi. L’idea di qualità del governo potrebbe essere cambiata per essere più vicina a quelli della comunità scientifica. Inoltre, non è pensabile fare una valutazione solo di tipo qualitativo: tutte le valutazioni hanno elementi quantificati di osservazione dei fenomeni che rivelano. Ma questi metodi, ha aggiunto la professoressa Reale, devono inserirsi in un disegno basato sulla teoria.

Queste osservazioni, ha concluso il professor Lepori, non fanno che sottolineare la rilevanza del tema a livello politico, ma anche per le università stesse.

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