«Scienze della vita, una forza dell'USI»

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Servizio comunicazione istituzionale

3 Dicembre 2018

Dare degli strumenti di conoscenza specifica che permettano a giovani imprenditori, potenziali o già attivi, di avventurarsi con successo nel mondo, ricco di promesse ma anche assai complesso, del business legato alle scienze della vita: questo lo scopo di «Bio- and Medtech entrepreneurship – From start-up to exit», il volume curato da Heidrun Flaadt Cervini in collaborazione con Jörg Dogwiler. Un’iniziativa che promuove e valorizza lo sforzo peculiare fatto all’USI in questo ambito altamente innovativo, mentre vede la luce la Facoltà di scienze biomediche. All’autrice abbiamo chiesto di illustrarci senso e portata di questa pubblicazione e di ciò che sta a monte.

di Giancarlo Dillena

 

Il libro è il frutto delle esperienze dei corsi di «Bio- Business» e di «MedTechBusiness »: di che cosa si tratta, esattamente?

«BioBusiness e MedTech Business sono due programmi di formazione avanzata sviluppati all’USI rispettivamente nel 2010 e nel 2014, nell’ambito dell’imprenditoria delle scienze della vita. Il programma BioBusiness si concentra sullo sviluppo di nuovi farmaci per le malattie ancora non curabili, mentre il programma MedTech Business si concentra sullo sviluppo di nuovi strumenti medici e di diagnostica. Entrambi i corsi si svolgono sull’arco di una settimana e si rivolgono a giovani e futuri imprenditori che intendono avviare e finanziare una start-up o spin-off nei settori biotech o medtech».

 

Quali sono le particolarità di questo business rispetto ad altri ambiti imprenditoriali?

«L’innovazione nelle tecnologie biomediche si distingue da altri tipi di innovazione. Le sue caratteristiche sono state descritte dall’OMS e includono: il quadro normativo per garantire qualità, sicurezza ed efficacia; l’associazione fra elevati costi di ricerca e sviluppo e i rischi di fallimento; i contributi del settore pubblico (ricerca, finanziamenti, infrastrutture) e considerazioni etiche. Ogni imprenditore dovrebbe quindi essere consapevole che il processo di innovazione nelle scienze della vita è ad alta intensità di capitale, comporta un rischio elevato ed è altamente regolamentato».

 

Perché sviluppare questa proposta in una università giovane ma anche piccola come l’USI, invece di un grande centro di ricerca già consolidato? Che cosa può offrire, in termini di vantaggi, l’USI?

«Quando arrivai per la prima volta in Ticino nel 2008 ebbi occasione di incontrare il prof. Piero Martinoli, allora presidente dell’USI. Mi parlò della sua volontà di creare una nuova piattaforma di Executive Training e mi offrì un mandato per concludere una ricerca di mercato globale che identificasse i bisogni e le nicchie nel mercato della formazione avanzata. I risultati dello studio hanno dimostrato che i corsi imprenditoriali nel settore delle scienze della vita non erano presenti nei percorsi formativi offerti dalle università europee. Grazie a questi risultati mi venne dato luce verde per andare avanti nello sviluppo di programmi per colmare questa lacuna».

 

All’USI sta decollando a nuova Facoltà di scienze biomediche: in quale misura e in che modo i programmi dai Lei diretti si inseriscono in questo sviluppo?

«I programmi sono ora offerti attraverso un Centro di studi avanzati sull’imprenditorialità in biomedicina (CASE BioMed), che rappresenta il terzo pilastro della nuova Facoltà dell’USI. Per la prima volta in Svizzera gli studenti che frequentano il Master in medicina possono beneficiare di una formazione che copre la pratica medica (IMed), la ricerca scientifica (IRB) e l’innovazione biomedica (CASE BioMed). La formazione in biomedicina presso l’USI fornirà quindi un valore aggiunto rispetto ad altre università svizzere e questo vantaggio competitivo migliorerà notevolmente il livello di formazione e le prospettive di carriera dei laureati e allo stesso tempo favorirà la creazione di innovazione nel campo biomedico».

 

Oltre Bio- e MedTech- l’altro concetto chiave è Entrepreneurship. Mi viene da chiederle: si possono insegnare sicuramente delle tecniche anche in questo campo, ma in che misura si può stimolare lo «spirito imprenditoriale» che ne costituisce il motore essenziale?

«Da un lato, la struttura dei programmi assicura che questa combinazione sia effettivamente realizzata. I programmi sono composti da temi tecnici specifici del settore delle scienze della vita, che vengono insegnati insieme a temi imprenditoriali. Dall’altro lato, il processo di selezione per gli studenti di questi programmi, che è altamente competitivo, si rivolge ai partecipanti che stanno già lavorando su una concreta idea commerciale o che hanno già creato la propria azienda».

 

Nel libro vi sono anche numerose, divertenti vignette: come mai ha pensato di inserire questo humor in un testo che si occupa di temi così difficili e «seri»?

«Per aiutare il lettore a comprendere gli aspetti complessi dell’imprenditoria delle scienze della vita abbiamo sviluppato delle animazoni per illustrare in modo umoristico le insidie e le sfide delle startup, dando al libro una prospettiva più leggera. La nota rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences» ha pubblicato un articolo di J. Shurkin in cui si afferma che i ricercatori hanno trovato che l’uso dei fumetti nelle pubblicazioni scientifiche può essere molto efficace, se ben fatto, offrendo un livello di impegno che pochi altri media possono eguagliare».

 

In allegato la versione originale dell'intervista pubblicata sul Corriere del Ticino il 27 novembre 2018.

 

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