Il benessere digitale passa dai social media

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Servizio comunicazione istituzionale

16 Marzo 2023

Smartphone e social media fanno parte delle nostre vite, sollevando comprensibili preoccupazioni soprattutto quando a utilizzarli sono i più giovani. Tuttavia le esperienze online possono essere tanto negative quanto positive e la via per il benessere psicologico di adulti e adolescenti passa attraverso un utilizzo consapevole di queste tecnologie, non la rinuncia. È uno dei risultati del progetto di ricerca HappyB, sostenuto dal Fondo nazionale svizzero e svolto in collaborazione con l’Università della Svizzera italiana, Istituto di salute pubblica (IPH), e l’Harvard T.H. Chan School of Public Health. Responsabile del progetto è Laura Marciano, ricercatrice post-doc.

Iniziato nel 2022, HappyB è uno studio longitudinale che segue per due anni l’evoluzione delle abitudini digitali e del benessere di circa 1600 studenti e studentesse di quattro licei ticinesi. Sono previste tre indagini – è attualmente in corso l’analisi dei risultati della seconda che si è svolta alla fine del 2022 – più uno studio intensivo tramite una app installata sugli smartphone per rilevare l’utilizzo e i livelli di benessere.

 

Finstagram, un doppio profilo per sé stessi

"Il panorama tecnologico è in rapida evoluzione e basta l’introduzione di una nuova funzionalità per cambiare le abitudini online degli utenti: per la ricerca scientifica è difficile stare al passo. Basti pensare che al momento la maggior parte della letteratura sul tema riguarda Facebook, un social network che i più giovani non usano praticamente mai", ha spiegato Laura Marciano. WhatsApp è utilizzato quotidianamente da praticamente tutti gli adolescenti, seguito da Instagram e YouTube (circa il 90%) e poi TikTok (66%), Pinterest (55%) e Snapchat (55%).

L‘indagine di HappyB ha messo in evidenza la diffusione, anche in Svizzera, di un fenomeno che precedenti ricerche non avevano rilevato: Finstagram. "Dai dati raccolti risulta che la maggior parte dei giovani ha due o più profili su Instagram: uno più personale, in genere riservato agli amici e con contenuti più 'sinceri', mentre l’altro è pubblico e maggiormente curato". Questo fenomeno, ha precisato Marciano, da una parte si lega al bisogno di meglio definire, anche sui social media, la propria identità personale il cui sviluppo avviene a quell’età. "Ma questo fenomeno mostra anche come i giovani sentano una forte pressione sociale che li spinge a dare un’immagine pubblica di sé lontana dal modo in cui veramente si sentono. E di questa pressione sociale sono in parte responsabili anche gli adulti che sono spesso i primi a dare, sui social media, un’immagine esclusivamente positiva e di sé stessi, nascondendo le fragilità e le difficoltà".

 

Esperienze positive e negative

I risultati del progetto HappyB hanno mostrato una associazione tra il tipo di esperienze online e il benessere. In alcuni casi l’associazione è positiva, in altri negativa. In altre parole: le esperienze online e i social media possono anche promuovere il benessere soggettivo e psicologico. "Le dinamiche online rispecchiano quelle offline: a renderci felici sono le stesse cose, ovvero delle interazioni di qualità, basate su una relazione empatica di comprensione reciproca". Il sentirsi esclusi o o poco considerati diminuisce il benessere, mentre il sentirsi parte di un gruppo o il parlare in momenti di solitudine lo aumenta. Per quanto riguarda il genere, si nota una leggera prevalenza di esperienze negative tra le ragazze rispetto ai ragazzi.

"Le difficoltà si hanno nel rapporto con quelli che potremmo definire “conoscenti”: con gli amici c’è vicinanza e reciproca comprensione, le celebrità sono al contrario talmente lontane da non innescare un vero e proprio confronto con sé stessi, mentre con i conoscenti avviene una comparazione che può far sentire inadeguati".

 

Regolare il proprio tempo online

È uno dei vari aspetti di cui tenere conto se si vuole capire come utilizzare i social media per promuovere il benessere. "Non è infatti pensabile rinunciare completamente alla propria vita digitale e alle relazioni che avvengono sui social media: vediamo dalla letteratura che la privazione totale porta infatti a bassi livelli di felicità. Quello che vediamo è che c’è un 'tempo ottimale': trascorrere tra un’ora e un’ora e mezza al giorno ha un effetto positivo, ma non è chiaramente solo una questione di quantità". Una delle ipotesi che andrà ulteriormente indagata è che gli effetti piÙ positivi arrivino con un utilizzo strutturato dei social media e in generale del proprio tempo online, in modo da valorizzare il più possibile quelle relazioni autentiche e basate sull’empatia di cui si diceva. "Lo vediamo nel caso dei cosiddetti comportamenti obesogenici: le persone che hanno giornate strutturate sono meno a rischio di sviluppare l’obesità; un effetto simile potrebbe esistere anche per gli effetti negativi dei social media".

Ma quanto contano le scelte individuali e quanto invece quelle dei social media che, aggiungendo ad esempio nuove funzionalità, indirizzano il comportamento degli utenti? "È un tema complesso ma dobbiamo tenere presente che alla fine è l’utente che sceglie quali social media utilizzare. E gli stessi social media, attraverso gli algoritmi, adattano l’esperienza intorno alle scelte dell’utente. Si tratta comunque di interazioni che non sempre è facile controllare e che spesso sfruttano alcune tendenze: sappiamo ad esempio che i giovani tendono a preferire stimoli nuovi e visivi, come video brevi", ha concluso Marciano.

 

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