Università contro la fuga dei cervelli: un ponte tra talenti e innovazione locale

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Servizio comunicazione istituzionale

26 Marzo 2024

In un articolo di approfondimento apparso sul Corriere del Ticino la Rettrice dell'USI, Luisa Lambertini, riflette sull'importanza dell'università nel contrastare la fuga dei cervelli in Ticino, promuovendo l'innovazione e il legame con l'economia locale per attirare talenti e migliorare i salari. 

Negli scorsi giorni, ho letto due statistiche che mi hanno fatto molto riflettere, sia in quanto economista, sia come Rettrice dell’USI. La prima è l’analisi pubblicata qualche giorno fa dall’Ufficio cantonale di statistica, che ha rilevato che solo la metà dei ticinesi che studiano Oltralpe, a 5 anni dalla laurea, torna a vivere e lavorare in Ticino. Tra chi studia in Ticino, invece, la percentuale di chi resta nella Svizzera italiana è molto più alta.
Le scuole universitarie del Ticino contribuiscono quindi a tenere i laureati e il capitale umano nel nostro cantone. Una statistica importante per capire il ruolo dell’USI nel contesto della fuga dei cervelli. È quindi positivo che sempre più studentesse e studenti della Svizzera italiana decidano di studiare all’USI, diventata, dallo scorso anno, la prima scelta assoluta dei ticinesi tra le università svizzere. Un buon risultato, considerando che non offriamo formazioni in tutte le discipline.
La seconda notizia che mi ha fatta riflettere è quella relativa all’ultima rilevazione della struttura dei salari, presentata qualche giorno fa dall’Ufficio federale di statistica. Secondo la loro rilevazione, il Ticino è la grande regione con le retribuzioni più basse, cosa che, ovviamente, va di pari passo con il fatto che sempre più giovani ticinesi vanno a lavorare oltre San Gottardo. Anche in questo secondo aspetto credo che l’università debba svolgere un ruolo importante. Se è vero che la «fuga dei cervelli» è una tendenza che non si può invertire dall’oggi al domani, sono convinta che l’USI, dopo 28 anni dalla sua fondazione, oggi sia pronta ad assumere maggiore responsabilità nel trasformare il tessuto economico e sociale che la ospita e che la sostiene.
Nella sua Pianificazione 25-28, per il tramite del Prorettorato per l’innovazione, l’USI prevede di intensificare l’integrazione tra l’ateneo e l’ambiente economico locale, sfruttando ancora di più il potenziale di innovazione delle sue attività di ricerca, formazione e terzo mandato. Avendo vissuto in prima persona l’evoluzione dell’arco lemanico negli ultimi 20 anni – e le strette interazioni tra tessuto economico ed EPFL – credo molto in questa interazione per l’avvenire del Cantone. La presenza dell’università sul territorio va capitalizzata: è strategico e, dal mio punto di vista, è anche ovvio cercare di farlo meglio.
Se si vogliono far tornare i giovani talenti che studiano e/o lavorano oltre Gottardo, occorre trovare il modo di attirarli di nuovo. Con stipendi dignitosi, certo, ma anche generando e sostenendo iniziative innovative e contribuendo a creare un tessuto economico che si sviluppi anche oltre ai settori tradizionali. Sono Rettrice solo dallo scorso luglio, ma vedo nell’USI un centro di competenze con grande potenziale trasformativo. Offrendo istruzione e opportunità di ricerca di alta qualità, tratterremo sempre più talenti locali e continueremo ad attirare studenti e studiose oltre i confini della regione. Questo afflusso di talenti alimenta già un ecosistema intellettuale vivace, che se ben canalizzato, può stimolare l’innovazione e la diversificazione economica.
L’impegno dell’USI per l’innovazione deve diventare una forza trainante nella transizione del Ticino verso nuove prospettive (anche) economiche. All’USI abbiamo le competenze per cogliere le opportunità. Pensiamo all’informatica, ai big data, al machine learning, alla biologia computazionale – solo per fare alcuni esempi. C’è il potenziale per far partire nuove realtà in settori nuovi per il cantone, aumentare significativamente la produttività e l’efficienza di vari settori, sia in nuove startup, come stiamo già facendo grazie a nostri centri che promuovono l’imprenditorialità innovativa, sia per innovare il tessuto economico più generale. Per farlo, servono il sostegno e la fiducia di tutti – istituzioni pubbliche, imprese e finanziatori privati. A vari livelli, anche a quello federale, vedo purtroppo che la crisi economica porta invece a disinvestire nella formazione e nella ricerca. Questo mi preoccupa. Di fronte alle ristrettezze delle risorse finanziarie cantonali, anche l’USI dovrà decidere quali priorità portare avanti; le altre resteranno al palo. Temo che queste decisioni possano causare un’onda lunga di conseguenze. Non sono l’unica: anche il Consiglio dei politecnici federali è preoccupato per i tagli di bilancio previsti, che avranno ripercussioni strategiche. La Svizzera è nota per il suo robusto ecosistema di ricerca e sviluppo, i motori della sua posizione di avanguardia, ma attenzione: esattamente come in natura, anche questi ecosistemi vanno tutelati per permettere loro di dare i frutti sperati.

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