Dall'Accademia di architettura al Ruanda, l'esperienza di Enrica Pastore
Servizio comunicazione istituzionale
10 Aprile 2020
Il percorso formativo di uno studente non sempre porta subito a svolgere una professione nell’ambito disciplinare scelto, tanto più quando questo percorso viene svolto presso una scuola dove le discipline tecniche sono affiancate dagli studi umanistici, come l’Accademia di architettura dell’USI. Ed è proprio qui che Enrica Pastore si è laureata nel 2016 per poi seguire una seconda formazione specialistica nel settore della gestione delle risorse idriche nella cooperazione internazionale. Dal 2018 Enrica vive e lavora nell’Africa orientale, in Ruanda, come consulente per alcune istituzioni governative e NGO, collaborando inoltre con studi d’architettura e con studenti delle università nella regione. Abbiamo raggiunto Enrica in modalità digitale, chiedendole anche come la diffusione del Covid-19 stia interessando il Continente africano.
Dopo il percorso di studio presso l’Accademia, Enrica ha voluto acquisire competenze in un nuovo ambito, attivandosi all’interno di una ONG di Milano (l'Istituto Oikos) e raggiungendo la Tanzania. “Mi trovavo all’interno delle comunità Maasai nel nord del Paese, in un centro di ricerca e training (Mkuru Training Camp) dove ho seguito un progetto di educazione alimentare in cinque scuole primarie” racconta Enrica. Per acquisire conoscenze tecniche specifiche per continuare ad operare in questo settore ha svolto un'ulteriore formazione in Gestione delle Risorse Idriche nella Cooperazione internazionale presso l’Università Bicocca, che l’ha poi portata in Ruanda, dove ha iniziato il suo pecorso progettando un acquedotto per una zona rurale collaborando con l’organizzazione italiana MLFM.
Durante il periodo trascorso in Ruanda, da dove ci scrive tutt’ora, ha rimesso in gioco le sue conoscenze nel campo dell’architettura per contribuire a migliorare le infrastrutture del territorio. Enrica ha infatti iniziato a collaborare con una società governativa che si occupa dello sviluppo di infrastrutture, come parte del piano “Vision 2020” e promozione del “Made in Rwanda” (piano di sviluppo governativo alla luce dei Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite). Oggi, come Project Manager, si occupa di un centro di ricerca e laboratori in fase di costruzione: “Sono a capo della progettazione e supervisione e gestisco un gruppo di circa sette ingegneri – spiega Enrica. Ho anche formato la mia attività di architetto indipendente, svolgendo lavori differenti per scala e tema. Da circa un anno seguo una ricerca sulla progettazione di spazi pubblici a Kigali con altri tre architetti”.
Le conoscenze acquisite in Accademia sono risultate molto importanti in questo suo percorso. “L’Accademia mi ha dato una preparazione solida come architetto capace di affrontare progetti differenti, il cosiddetto architetto generalista, e penso che la capacità di cimentarsi anche in contesti così diversi come quello africano ne sia la prova”. Capire i sistemi, i metodi e la cultura del luogo è un passo fondamentale in questo lavoro, che l’ha portata ad acquisire nuove nozioni e a collaborare con gli studenti di architettura del luogo: “ho infatti avuto modo di approfondire tematiche come quelle dell’uso di materiali più sostenibili e 'locali', i principi di 'climate adaptive e climate responsive design' e la progettazione partecipata con le comunità. Con gli studenti dell’Università di Architettura ho svolto dei workshop per approfondire tecniche per eseguire modelli. Gli studenti sono molto motivati a imparare ed ogni tanto li coinvolgo nel mio lavoro dove mi aiutano a fare sopralluoghi e modelli”.
L’epidemia di Covid-19 sta purtroppo interessando anche il Continente africano e ha portato per la maggior parte dei Paesi dell'Africa orientale alla chiusura dei confini, al blocco dei collegamenti aerei e alla sospensione delle attività scolastiche. “Il Rwanda ha istituito misure molto rigide fin da subito per limitare il contagio. Rispetto al mio lavoro, nella prima settimana, il cantiere è rimasto aperto, per poi chiudere poco dopo: questo ha comportato svolgere subito un training iniziale ai lavoratori sulle misure di sicurezza da mettere in atto”. Enrica tiene a sottolineare che la visione che abbiamo oggi dei Paesi africani è spesso influenzata da stereotipi: “Esiste una sorta di 'normalità' anche lavorando in un paese in Africa. Nonostante le differenze, molti aspetti della mia professione sono simili al contesto italiano e svizzero dove sono cresciuta e dove ho studiato. Invito tutti alla scoperta di queste realtà, superando i preconcetti" conclude Enrica.