Dal Sudan all'USI con il programma Scholars at Risk

Ahmed Hussein Abdelrahman Adam (primo a dx), con membri della Cattedra UNESCO dell'USI e altre colleghe/i in visita al Battistero di Riva san Vitale
Ahmed Hussein Abdelrahman Adam (primo a dx), con membri della Cattedra UNESCO dell'USI e altre colleghe/i in visita al Battistero di Riva san Vitale

Servizio comunicazione istituzionale

15 Maggio 2023

Come spesso accade durante guerre e conflitti, l’urgenza dell’attualità schiaccia il passato: la guerra civile in corso, con le sue tragiche notizie, mette in ombra la lunga e ricca e storia del Sudan alla quale il professor Ahmed Hussein Abdelrahman Adam ha dedicato i suoi studi. Professore associato di archeologia all’Università di Khartoum, nelle scorse settimane Adam è arrivato all’Università della Svizzera italiana grazie al programma Scholar at Risk (SAR), al quale l’USI aderisce dal 2016, con il sostegno economico del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica (FNS). 

Il professor Adam racconta con trasporto dei siti archeologici in Sudan, aggiungendo con amarezza che molti di essi adesso non sono accessibili agli studiosi perché occupati dai militari. E questo nonostante l’importanza di studiare e valorizzare le civiltà dell’antica Nubia. “È una questione a lungo dibattuta: molti dei primi archeologi che hanno studiato quei siti consideravano il Sudan parte dell’Egitto: volevano scoprire l’estensione della civiltà egizia, non di scoprire la civilità sudanese. È stato solo dopo aver studiato importanti siti archeologici che ci si è resi conto che parliamo di una civiltà indipendente”. Il professor Adam cita il sito di Kerma, che presenta uno dei più antichi e più imponenti edifici di fango d’Africa e che è stato scoperto dall’archeologo Charles Bonnet dell’Università di Ginevra che ha lavorato per oltre quarant’anni sulla civiltà Kerma. “La storia del Sudan è molto ricca: abbiamo civiltà fiorenti che vanno dalla preistoria fino al periodo islamico come il regno Napata che ha dominato l’Egitto all’epoca della 25ª dinastia o l’impero di Meroë, il periodo medievale, il periodo musulmano e poi tutta la storia moderna del Sudan”. 

Gli interessi del professor Adam non riguardano solo il patrimonio culturale e l’archeologia, ma anche i musei e il turismo: ha diretto il Dipartimento di archeologia ed è stato direttore dei musei dell’Università di Khartoum, director of Training and Teaching Assistants all’Università di Khartoum ed è direttore del Suakin and Red Sea Project for Archaeological, Cultural, and Environmental Studies. Ma la guerra in Sudan ha reso impossibile proseguire con tutto questo. 

“Il mio Paese, il Sudan, vive una situazione di disordini politici dal 2013”, ha spiegato il professor Adam. Il regime precedente, durato 30 anni, è stato estromesso nel 2019; il governo di transizione che ne è seguito ha incontrato resistenza e ostacoli da parte del precedente regime e il sostegno del consiglio militare. “Il risultato è che l'esercito si è di fatto impadronito del potere, impedendo l'insediamento di un governo democratico. Sono stato molto attivo nella lotta per la democrazia. Il 27 dicembre 2018 ho presieduto la prima riunione della University of Khartoum Staff Initiative alla University Professors House. Abbiamo rilasciato una dichiarazione di condanna delle violenze contro le marce pacifiche e i manifestanti civili (compresi i nostri studenti, molti dei quali sono stati gravemente feriti). Nella stessa dichiarazione abbiamo chiesto il trasferimento pacifico del potere. Di conseguenza, esponenti del regime precedente hanno arrestato alcuni dei miei colleghi e hanno tentato di arrestare anche me. Sono stato oggetto di minacce telefoniche, pedinato sul posto di lavoro, mentre facevo la spesa e ovunque andassi”. Queste continue vessazioni sono andate avanti fino a che, nell’aprile del 2019, il professor Adam ha lasciato il Sudan, andando prima in Germania e poi, il 1º giugno, in Etiopia. “Quando sono tornato a Khartoum il 30 giugno, ho scoperto che il sit-in pacifico davanti al comando generale delle Forze armate sadanesi era stato disperso il 3 giugno 2019 e che un gran numero di persone era stato ucciso a Khartoum e in altre città del Sudan. Poiché l'Università di Khartoum si trova vicino al quartier generale dell'esercito, l'università è stata presa d'assalto e vandalizzata dall'esercito. Abitando vicino all'università, sono andato a piedi al lavoro nonostante la tensione nelle strade”. 

Da allora, la situazione non ha fatto che peggiorare. “Le tensioni sono culminate nel colpo di Stato del 25 ottobre 2021 che fu estremamente violento e i militari hanno posto l'intera città di Khartoum sotto un rigido coprifuoco”. L’accesso al campus veniva impedito e la corrente e le telecomunicazioni venivano continuamente interrotte. “L'atmosfera rimane estremamente tesa. Come professore universitario è estremamente difficile, in una situazione come questa, portare avanti la mia ricerca e il mio insegnamento. Oppormi alla corruzione e difendere la verità e la giustizia mi mette a rischio”. 

Nel 2021, “un tentativo di colpo di stato del partito musulmano radicale che aveva governato il Sudan per trent’anni ha portato a una nuova rivoluzione, alla speranza della transizione verso un vero governo democratico. Ma la situazione rimaneva pericolosa”. Così il professor Adam ha cerato la protezione del programma Scholars at Risk: “Avevo bisogno di un posto sicuro dove poter lavorare, dove poter scrivere libri e articoli. Ho mandato la documentazione, ho fatto diversi colloqui online, con tutte le difficoltà del caso: a volte ho dovuto registrare le mie risposte e inviarle quando riuscivo a trovare una connessione”. La richiesta del professor Adam è stata accettata; rimaneva da trovare una istituzione che lo ospitasse. “Sono stato contattato e intervistato dal professor Lorenzo Cantoni, responsabile della cattedra UNESCO dell’USI: c’è stata grande sintonia. All’Università della Svizzera italiana non c’è un dipartimento di archeologia, ma le mie ricerche sul patrimonio culturale, i musei e il turismo si inseriscono perfettamente nel lavoro che viene svolto all’Università della Svizzera italiana. Così, grazie alla preziosa assistenza del Servizio relazioni internazionali e mobilità dell’USI abbiamo fatto tutte le pratiche per permettermi di arrivare in Svizzera e proseguire le mie ricerche. Voglio quindi ringraziare il professor Lorenzo Cantoni, Silvia De Ascaniis, Maurizia Ruinelli, Sybilla Storer, tutto il personale e gli studenti e i ricercatori che ho incontrato finora per la loro accoglienza”. 

 

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